Dai viaggi religiosi una possibile ripartenza per il turismo

Un poeta persiano dell’XI secolo, Omar Khayymam, scriveva “la vita è un viaggio e viaggiare è vivere due volte”, il compianto scrittore Luis Sepulveda diceva invece che “viaggiare significa comunicare verso l’orizzonte, incontrare l’altro, conoscere, scoprire e tornare più ricchi di quando si è iniziato il cammino”. Oggi la pandemia Covid è responsabile non solo di aver interrotto la vita di questo grande scrittore, ma anche di aver interrotto il viaggio di tanti uomini e donne.

Il viaggio è prima di tutto, prima di altri bisogni materiali, appagamento della nostra anima e, per chi crede, della nostra fede, e San Giovanni Paolo II sosteneva infatti che l’uomo non può pensare alla propria vita se non all’interno di un pellegrinaggio.

Ora, la religiosità si completa non solo nella liturgia dei sacramenti, ma in una dimensione più ampia, dove il viaggio, luogo di incontro e contaminazione, ne definisce i contorni e si esprime nei grandi temi della fratellanza, della pace e della conoscenza dell’altro.

Il risveglio di una religiosità, non solo interna all’uomo, ma che si ritrovi all’interno di una collettività d’incontro, è fondamentale e necessario per l’intera comunità umana, specie dopo questo tempo di pandemia.

Oggi più che mai siamo difronte allo scontro tra due antropologie, rappresentate l’una dalla famosa frase di Sartre “l’inferno sono gli altri”, l’altra dal cristianesimo secondo cui “l’altro è Cristo”, ma per incontrarsi con il Cristo che c’è dentro ognuno di noi è necessario aprirsi verso, incontrarsi.

La storia ci insegna che le difficoltà incontrate dall’umanità, in coincidenza di carestie e pandemie, venivano superare attraverso lo spirito di rinascita dei viaggi della Fede. L’Italia è il centro della Fede, basti pensare a Roma (San Pietro), Assisi (San Francesco), San Giovanni Rotondo (Padre Pio), Loreto (la casa della Madonna), Cascia (Santa Rita), Torino (Sacra Sindone), Padova (Sant’Antonio da Padova) per citare solo alcuni dei luoghi sacri presenti nel nostro Paese, sarebbe importante, in segno di una nuova speranza, riattivare i viaggi delle collettività verso questi luoghi che tanto hanno dato e tanto possono dare alla coscienza di tutti.

Solo così si potrà rompere questo isolamento in cui il virus ci ha rinchiuso e rinascere come comunità di uomini, l’uno incontro all’altro.

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